Credete nei miracoli?..siii!!

Lo sport mondiale è costellato di episodi, trionfi, personaggi che da sempre emozionano ed esaltano l'opinione pubblica. Tra le tante storie, quelle che riscaldano maggiormente i cuori degli appassionati sono legate alle vittorie cosiddette impossibili, dove chi vince compie una vera e propria impresa e in alcuni casi, addirittura, c'è chi grida al "miracolo sportivo". A tal proposito, l'esempio più eclatante riguarda la partita di hockey sul ghiaccio tra Usa e Urss giocata nel febbraio del 1980. I fatti ci riportano alle Olimpiadi invernali che quell'anno si svolsero a Lake Placid, negli Stati Uniti.
Il torneo maschile di hockey sul ghiaccio vedeva ai nastri di partenza 12 nazionali suddivise in due gruppi da 6. Il regolamento prevedeva che le prime due di ogni girone si qualificassero alla seconda fase, formando un nuovo gruppo da 4, denominato "gruppo per le medaglie". Le squadre si portavano dietro i punti della prima fase e incontravano solo le avversarie dell'altro girone, da lì sarebbe uscito il podio olimpico. Una formula un pò contorta dove l'unica finale era quella per il 5° posto tra le terze dei gruppi iniziali. Gli Stati Uniti, in quanto Paese organizzatore, erano direttamente qualificati ma non erano tra i favoriti, anzi, nell'ultima classifica stilata prima dell'Olimpiade risultavano settimi. Inoltre la squadra era composta solo da universitari o dilettanti e solo un paio dei giocatori della rosa avevano firmato un pre-contratto con squadre della NHL, il campionato professionistico americano ma anche il più prestigioso e difficile al mondo. Il fatto di giocare in casa era sicuramente un vantaggio ma, in definitiva, nessun tifoso americano si aspettava grandi cose. La grande favorita del torneo era l'Unione Sovietica, che in Patria non riconoscendo il professionismo sportivo, poteva contare su tutte le sue stelle. I giocatori risultavano dilettanti anche se con i propri club vincevano regolarmente le principali competizioni internazionali. Il 12 febbraio cominciò il torneo: gli Usa pareggiarono (2-2) con la Svezia, risultato considerato più che positivo, mentre l'Urss demolì 16-0 il Giappone. Nel proseguo del torneo gli americani presero fiducia e, sospinti dal proprio pubblico, vinsero le restanti 4 partite, compreso un 7-3 contro la  forte Cecoslovacchia. Nell'altro gruppo l'Unione Sovietica le vinse tutte (5 su 5) permettendosi il lusso, a volte, di far riposare le proprie stelle. E così si arriva alla seconda fase che vede nella prima giornata il derby scandinavo tra Svezia e Finlandia e, sopratutto, il duello Usa-Urss. A questo punto bisogna aprire una parentesi in modo da spiegare i rapporti tra le due Nazioni. Siamo in piena Guerra Fredda, tra americani e russi non scorre buon sangue, politicamente il clima è teso, inoltre l'allora Presidente Jimmy Carter sta seriamente considerando il boicottaggio delle Olimpiadi estive in programma a giugno in Russia (cosa che poi avvenne) come forma di protesta per l'invasione sovietica in Afghanistan. La situazione, inevitabilmente, si riversa anche nello sport, così ogni incontro di qualsiasi genere tra rappresentative americane e sovietiche diventa una sorta di "regolamento di conti". Su queste premesse si arriva alla sfida. E' il 22 febbraio, il clima è rovente, sugli spalti è tutto uno sventolio di bandiere americane. Pronti, via! l'Unione Sovietica va subito in vantaggio ma gli americani non si scoraggiano e provano a reagire così in pochi minuti trovano il pareggio. Ma l'1-1 dura poco perchè l'Urss si riporta nuovamente avanti. A questo punto i russi provano l'allungo ma il portiere americano respinge gli attacchi avversari. Il primo periodo sembra finire qui quando a 1" dalla fine il portiere ospite Tretiak non trattiene un tiro e Johnson lo beffa: 2-2. Al rientro in campo c'è una clamorosa novità, l'allenatore russo Tikhonov sostituisce Tetriak (a detta di molti il portiere più forte di sempre) col secondo portiere Myshkin. Anni dopo lo stesso Tikhonov in un'intervista dirà che quello fu il più grosso errore della sua vita. La scelta nell'immediato sembrava funzionare, infatti, l'Urss passata nuovamente in vantaggio sembrava gestire al meglio l'incontro senza subire niente concludendo il secondo periodo sul 3-2. Ma nel terzo tempo accade l'incredibile: prima Johnson riporta in parità il match e pochi minuti dopo il capitano americano Mike Eruzione firma il sorpasso. Mancano 10' al termine, i sovietici schiumano rabbia e attaccano a testa bassa, è qui che sale in cattedra il portiere americano Jim Craig parando tutto e di più. (a fine partita saranno ben 36 le parate). Il pubblico dell'Olympic Fieldhouse fiuta l'occasione e si scatena, ad un certo punto si alza un coro: "Iu-ess-ei..Iu-ess-ei". E' la prima volta che succedeva e da allora ogni qualvolta una nazionale americana gioca in casa si sente riecheggiare questo coro. Gli ultimi minuti sono di pura agonia per i ragazzi americani che lottano ben oltre le proprie forze ma alla fine il fischio finale benedetto arriva. L'allenatore statunitense Herb Brooks corse negli spogliatoi  e pianse.
La copertina di Sports Illustrated
del 3 marzo 1980
Era finita, l'incredibile era successo. Usa- Urss 4-3!. Per capire meglio la portata dell'evento basta dire che dei 20 giocatori della rosa americana, 13 ebbero un futuro in NHL e di questi , solo 2, riuscirono in carriera a vincere la Stanley Cup mentre Mark Johnson (autore della doppietta in finale) vinse lo scudetto del '91 col Milano Saima e il match-winner Mike Eruzione lasciò l'hockey a soli 25 anni. A distanza di anni in America c'è chi dice, erroneamente, che quell'incontro diede l'oro agli Usa. In realtà la partita decisiva fu giocata due giorni dopo contro la Finlandia ed anche quella fu una partita drammatica che gli americani riuscirono a portare a casa solo nel finale col punteggio di 4-2, aggiudicandosi così, la medaglia d'oro. L'Urss, battendo la Svezia 9-2, si dovette accontentare dell'argento.
Anche il cinema ha celebrato questa partita con due film. Il primo nel 1981 (Miracle on ice), il secondo nel 2004 (Miracle) con Kurt Russel nei panni dell'allenatore americano, consulente del film, morto in un incidente stradale 6 mesi prima dell'uscita. La dedica dei titoli di coda recita: "He never saw it. He lived it" (Non l'ha visto. L'ha vissuto).
Oggi, grazie a You Tube, è ancora possibile rivedere la partita integrale col commento originale. L'invito che vi porgo è quello di recuperare le immagini, magari dei minuti finali, non fosse altro per riascoltare le parole di Al Michaels, telecronista della ABC che trasmise la partita (in differita) e che a pochi secondi dal termine cominciò uno storico countdown, entrato nella storia del giornalismo sportivo, che finiva dicendo: "credete nei miracoli?" e subito dopo un sonoro "Yeeessss!!".

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