Antibo e la sua corsa più triste

Salvatore, detto Totò, Antibo è stato il più forte mezzofondista dell'Atletica italiana. Soprannominato la "Gazzella bianca di Altofonte" (dal nome del paese d'origine) è tuttora il primatista italiano dei 5000m e dei 10000m e unico europeo a competere ad alti livelli con i vari africani, che da una trentina di anni a questa parte sono i migliori interpreti di queste specialità. Il palermitano ha corso nel periodo, risultati alla mano, più redditizio dell'Atletica nostrana ovvero a cavallo degli anni '80-'90 insieme a personaggi del calibro di Cova, Panetta e Damilano ottenendo con loro risultati importanti e per questo considerato un mostro sacro del nostro sport. Totò però era diverso rispetto ai colleghi, aveva una qualità in più, sapeva entusiasmare i tifosi!. Perchè il modo di correre di Antibo era unico: ogni gara la correva come fosse l'ultima, tralasciando tattiche e senza risparmiare energie col solo scopo di tagliare il traguardo per primo. Insomma un generoso, meglio, un coraggioso, tutte qualità che si sposavano a meraviglia col suo essere siciliano tanto che l'altro soprannome con cui era conosciuto non poteva che essere il "Siciliano coraggioso". In carriera ha partecipato a tre Olimpiadi, la prima a soli 22 anni a Los Angeles '84 dove ottenne un quarto posto nei 10000m (..gara vinta da Cova) ma commise l'errore di calzare delle scarpe nuove che lo fecero soffrire per tutta la gara privandolo di una probabile medaglia, mentre il miglior risultato arrivò a  Seul '88 dove sulla stessa lunghezza vinse l'argento. Il periodo migliore della sua carriera arriva nel biennio '89-'90 dove rimane imbattuto e impreziosisce il tutto con la doppietta agli Europei di Spalato: prima trionfa nei 10000m dando mezzo giro di pista a tutti e poi fà suoi anche i 5000m dopo che ad inizio gara cadde, forse sgambettato da un rivale (cosa mai del tutto chiarita) per poi rimontare e vincere in volata in una delle sue gare più belle in assoluto e festeggiando con un giro di pista sventolando le bandiere d'Italia e di Sicilia. Fu quello il periodo di maggiore popolarità, tutti ormai erano innamorati della Gazzella di Altofonte!.
Totò Antibo in una delle sue tante vittorie
Ma l'unicità di Antibo non sta solo nelle vittorie ma, purtroppo, anche e sopratutto nelle sconfitte dovute a una malattia che aveva già da bambino e che ritornò prepotente nel 1991: l'epilessia. In quell'anno buio le crisi fino a quel momento rare diventarono più frequenti ma nonostante questo la stagione di Antibo proseguiva regolare, ma che non fosse un anno positivo lo si capì da un paio di noie muscolari che ebbe proprio a ridosso dell'evento principale della stagione, ovvero, i Mondiali di Tokyo. E dire che quel '91 non era iniziato male visto che Totò vinse la Coppa Europa, poi però arrivarono i primi problemi fisici che gli dovettero far saltare alcune gare, ritornò nell'ultima uscita prima dei Mondiali e lo fece dimostrando di poter lottare ancora per la vittoria anche se perse l'imbattibilità nei 10000m in una spettacolare volata vinta dal marocchino Skah. Nonostante tutto a Tokyo si presentava da favorito, nel clan azzurro si pregustava la medaglia, possibilmente, del metallo più pregiato. La data che cambia la carriera (..e la vita) di Salvatore Antibo è il 26 agosto 1991, il giorno tanto atteso della finale dei 10000m. L'inizio di gara è tranquillo, Totò è nella testa del gruppo, sembra controllare. Non si scompone nemmeno quando il giovanissimo keniano Chelimo accelera prepotentemente e allunga sul gruppo, Totò lo aveva messo in preventivo sapeva che era un'attacco lanciato ad arte dal clan keniano per tenere coperto l'uomo di punta Moses Tanui. Anche i tanti italiani davanti alla tv sono tranquilli, si fidano del siciliano, sanno che nella seconda parte della corsa comincerà la battaglia e lui non si tirerà indietro. Ma le cose, purtroppo, non stanno così. Al passaggio di metà  gara Chelimo passa davanti su ritmi da record del mondo, staccati di 5 secondi il gruppo con in mezzo Antibo ma è subito dopo che le cose cambiano. Al passaggio seguente Totò comincia a sfilarsi, dapprima il grande rivale Skah convinto che quella di Totò sia una finta per poi  fare un'attacco a sorpresa lo segue, evidentemente il marocchino aveva deciso di fare la corsa su di lui convinto che quella "Gazzella" lo portasse  sino al titolo contando su uno sprint finale migliore. Solo dopo un paio di giri Skah e gli altri rivali capirono che quello di Antibo non era un bluff, ma al contrario, una crisi, tremenda, drammatica e in quel momento inspiegabile. Intanto davanti Chelimo continuava ad andare a ritmi indiavolati mentre Tanui sfruttando la crisi di Antibo e l'indecisione di Skah partì all'inseguimento del compagno.A quel punto Totò si staccò inesorabilmente. Al km 8 Tanui riprese Chelimo e dietro Skah provava la rimonta, di Antibo neanche l'ombra, continuava ad essere superato. Nel forcing finale Skah riuscì solo ad avvicinarsi ma non a riprendere i due keniani che si giocarono l'oro in volata, facilmente vinta da Tanui come secondo copione. Il nostro Antibo veniva superato da tutti, incapace di reagire, lui che doveva essere nel cuore di quella volata. Correva sì, ma sembrava un automa. Girava in trance, come se testa e corpo fossero scollegati tra loro..e in realtà lo erano. Se non altro riuscì a evitare l'umiliazione del doppiaggio ma arrivò ultimo. L'Italia, il mondo, tutti si domandavano cosa fosse successo. Nel dopo-gara Antibo trovò la forza e il coraggio di dire tutto. "Ho una malattia seria, che può troncarmi la carriera" furono le prime parole che suonavano come una liberazione. E continuò aprendosi come in una confessione quasi come a liberarsi da quel segreto che portava dentro da chissà quanto tempo. Ci fu chi gli domandò perchè non si fosse ritirato e lui rispose che non poteva farlo nel rispetto dei suoi tifosi in primis, ma anche nei confronti dei suoi stessi avversari. Da un punto di vista tecnico i medici definirono questa forma di epilessia come "un'assenza momentanea e improvvisa che blocca i circuiti del pensiero". Fino ad allora solo Totò, il suo allenatore e pochissimi altri sapevano di  questi veri e propri black-out del cervello che però non gli avevano impedito di gareggiare. In gara non gli era mai successo. Accadde a Tokyo e tutto il mondo lo venne a sapere in diretta, nel modo più crudo. Da quel giorno Antibo non fu più lo stesso, restò lontano dalle gare per diverso tempo e ritornò giusto in tempo per partecipare all'Olimpiade di Barcelona '92 dove riuscì nell'impresa di arrivare quarto nei 10000m vinti, guarda caso, dal nemico Skah. Poi altri problemi fisici, qualche altro buon risultato ma niente di più, così, nel 1994 si ritirò.
Con l'avanzare degli anni il male si è man mano aggravato, Antibo oggi è costretto a imbottirsi di medicinali e  condurre uno stile di vita molto controllato e con la continua presenza di qualcuno a suo fianco (una crisi epilettica può arrivare in qualsiasi momento..). Il mondo dello sport lo ha presto dimenticato lasciandolo solo. In suo aiuto, nel 2005, è stata introdotta una legge che prevede un vitalizio annuo a tutti gli ex campioni dello sport in difficoltà economiche. La continua battaglia contro l'epilessia, Totò la combatte a modo suo, con coraggio, lottando ogni giorno e cercando di far conoscere questo male a tutti, tanto da essere testiomonial della LICE (Lega Italiana contro l'Epilessia). Senza vergogna.

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